Il potere della negazione.

Se ci viene detto di non pensare a una banana, dobbiamo pensarci per comprendere a cosa non dobbiamo pensare.
E' importante imparare ad evitare il "non". Quando noi utilizziamo la parola "non" portiamo il nostro interlocutore a soffermarsi proprio su ciò che neghiamo. La negazione è un concetto matematico che viene recepito solo dall'emisfero sinistro (logico-razionale), per l'emisfero destro (istintivo-emotivo) essa non esiste (es: "Non fumare" ci fa pensare prima alla sigaretta e solo dopo alla sua negazione).
Il modo in cui di solito usiamo il "non" è quello per dare suggerimenti negativi del tipo: "Non ti preoccupare". L'altro anziché sentirsi tranquillo, inizierà proprio a pensare alla possibilità di preoccuparsi.
L'uso vantaggioso del "non" sta nel farlo seguire da messaggi positivi che, comunque, possano far pensare all'altro quello che vogliamo che pensi in quel momento, in un modo accettabile ed elegante, tipo: "Non credere che Asha sia la migliore".

La riprova sociale (o imitazione).

"Laddove tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa un gran che".
 Walter Lipmann.

Il principio della riprova sociale, spiega Cialdini (1989), ci dice che uno dei mezzi che usiamo per decidere che cos'è giusto, è cercare di scoprire che cosa gli altri considerano giusto.

L'imitazione è una delle vie per entrare in rapporto con gli altri, è alla base della coesione sociale e della vita di gruppo. Imitandone gli atteggiamenti comunichiamo ad una persona che condividiamo il suo comportamento. E' anche un tentativo spontaneo e inconsapevole di assimilare la realtà con cui entriamo in contatto.

La tendenza a considerare più adeguata un'azione quando la fanno anche gli altri normalmente funziona bene. Di regola, commetteremmo meno errori agendo in accordo con l'evidenza sociale che al contrario.
Come altre armi di persuasione, ci offre una comoda scappatoia, ma allo stesso tempo ci espone agli attacchi dei profittatori.

Ci sono molti stratagemmi per dare l'impressione che la maggioranza pensi o agisca in un certo modo. 
Ecco qualche esempio:
-I pubblicitari e i venditori per promuovere un prodotto insistono sul fatto che riscuote un grande successo "di pubblico": in questo modo non hanno bisogno di convincere che è buono, basta che dicano che molti altri la pensano così. Il destinatario dentro di sé fa questo ragionamento: "se piace a tanti deve essere un buon prodotto".
-I baristi non trascurano di far trovare il piattino delle mance sempre provvisto di qualche moneta, per dare l'impressione che una mancia di almeno un euro sia il comportamento giusto da tenere.
-La diffusione di sondaggi politici "addomesticati" a favore di un candidato. L'elettore pensa: "se tutta quella gente ha deciso di votare per lui, deve sapere qualcosa che io non so". Chi è nel dubbio o non è informato (perché non è interessato o non ha il tempo di documentarsi) vuole fare quello che fa la maggior parte delle persone, vuole stare dalla parte di chi vince.

Nell'Etica Nicomachea Aristotele spiega come gli uomini non esitino a far propria un'opinione non appena si convincono che essa è "universalmente accettata". Anche questa è una forma di imitazione, dettata in questo caso dalla convenienza, dal desiderio di sentirsi al sicuro insieme agli altri. Ritrovarsi da soli a sostenere un punto di vista provoca un senso di sgomento e di allarme. Si può dunque aderire all'"opinione generale" non perché la si condivide ma per mettersi al riparo dalle critiche.

"Io lo dico, tu lo dici, ma alla fine lo dice anche quello. Dopo che lo si è detto tante volte, altro non vedi se non ciò che è stato detto". E' questo un motto famoso di Goethe che spiega il modo in cui possono diffondersi le opinioni. Ma quando un'opinione (o una credenza) è molto diffusa e condivisa diventa difficile smontarla, anche se è palesemente falsa o pericolosa, perché agli occhi di molti essa ha ormai assunto un valore di verità: è il fatto stesso di essere condivisa da molti a renderla veritiera. E se qualcuno tenta di smontarla la spiegazione è sempre la stessa: non sarebbe condivisa da così tante persone se fosse "del tutto" falsa. Succede allora che chi si trova nella delicata posizione di poter diffondere idee e opinioni, se non è frenato dall'etica e dal rispetto dei destinatari dei messaggi che invia, può anche creare ex novo delle "verità" che, condivise via via da un numero crescente di persone, "non possono non essere vere" perché, ognuno pensa tra sé e sè, è impensabile che così tanta gente si sbagli: il che a volte è vero, ma altre volte è falso.

E' possibile che nel 2012 il principio della riprova sociale abbia ancora una tale potenza e una portata così vasta da interferire sulla maggior parte delle nostre idee, decisioni e opinioni?
Per come la vedo io, a volte è necessario contrariare o deludere gli altri, se questo ci consente di esistere come persone.



AMIR - PUNTO IN ALTO.